MATRIMONIO NELL'ANTICA ROMA
LA DONNA ROMANA E IL MATRIMONIO
A quale età si sposavano i giovani romani?
Le ragazze romane si sposavano intorno ai 14 anni, mentre i ragazzi verso i 17 anni.
Solamente gli uomini e le donne liberi potevano contrarre matrimonio.
Gli schiavi non potevano sposarsi: né tra di loro, né con un uomo o una donna liberi.
Come veniva organizzato il matrimonio?
Il matrimonio era combinato dai genitori dei fidanzati, spesso spinti solamente da ragioni di tipo economico.
Prima del matrimonio vi era un periodo di fidanzamento: il futuro sposo regalava alla futura sposa un anello che questa metteva al dito anulare perché si pensava che da lì partisse un nervo che andava direttamente al cuore.
Durante questo tempo la futura sposa preparava il suo corredo, sceglieva gli schiavi da portare nella sua nuova casa, acquistava gioielli e vestiti.
Come si svolgeva il matrimonio?
Il giorno delle nozze lo sposo, accompagnato da amici e parenti, si recava a casa della sposa.
Nell'atrio della casa della sposa si celebrava il matrimonio:
- prima veniva offerto un sacrificio agli dèi in modo da ottenere i loro favori;
- quindi lo sposo e la sposa si scambiavano delle formali promesse stringendosi le mani.
Vi era poi il banchetto e, alla sera, la sposa lasciava la casa del padre seguita da un corteo di amici e si recava, insieme allo sposo, nella nuova casa dove diventava la domina, cioè la signora.
Una volta entrata nella nuova casa, la donna riceveva dal marito:
- il fuoco, simbolo della dea Vestea e del focolare domestico
- l'acqua usata dalla famiglia durante le cerimonie religiose.
Quali erano i compiti della moglie romana?
La moglie romana si occupava dell'educazione dei figli insieme al marito.
Controllava le attività svolte in casa, comprese quelle praticate dagli schiavi. Si occupava di filare e tessere.
Girava per le botteghe e i mercati della città in compagnia di un'ancella o di una persona di fiducia del marito.
Col marito poteva partecipare ai banchetti.
La moglie romana era una donna libera?
Inizialmente, la donna romana era sottoposta dapprima all'autorità del padre e, successivamente a quella del marito. Il padre aveva potere di vita e di morte sulla figlia, potendola uccidere a suo piacimento. Il marito poteva uccidere la moglie solamente in alcuni casi consentiti dalla legge, come in caso di adulterio.
Le donne potevano ricevere beni in eredità, ma non potevano disporre di essi liberamente e, alla loro morte, tali beni tornavano intatti alla famiglia di origine.
Durante la seconda guerra punica molti uomini morirono e, di conseguenza, aumentò il numero delle donne che avevano ereditato dei patrimoni, a volte anche cospicui. Si avvertì, allora, il bisogno di modificare le leggi e consentire alle donne di disporre dei beni ricevuti in eredità.
Inoltre, essendo gli uomini sempre più impegnati nella vita militare e politica, le donne iniziarono ad occuparsi in misura maggiore della gestione della vita familiare anche sotto l'aspetto economico.
Durante il periodo repubblicano molte donne ricche si formarono anche una cultura giuridica e iniziarono a praticare l'avvocatura, dato che ciò non era proibito da nessuna legge. Ma gli uomini, temendo che il passo successivo fosse l'ingresso delle donne nella vita politica, fecero approvare delle leggi che vietarono loro di esercitare la professione di avvocato e di qualsiasi ufficio sia civile che pubblico.
Con Augusto si ebbe un processo di restaurazione dei valori tradizionali che non favorì l'emancipazione della donna.